L’officina. Via Venini, 85. Milano.
Mio padre artigiano. Meccanico. Aveva un’officina, qualche operaio.
Riparava automobili, furgoni, camion, questa era la sua maestria artigiana.
Già, l’orgoglio di essere artigiano. Tutto il suo sapere nelle mani, nella sua intelligenza operativa, nella sua eccellenza d’artigiano; un misto di passione e senso del dovere.
Aveva aperto l’officina il 1° Maggio 1958. Festa del Lavoro, l’aveva considerato come di buon auspicio.
Ci era andato in taxi portando con sé un pesante strumento di lavoro.
In taxi, lusso mai concesso, ma chissà, oltre al peso impossibile da portare andando in tram, anche un gesto scaramantico di futuro benessere economico.
Andava verso un compito stimolante contro un lavoro di routine, verso la crescita personale e autonoma.
Mio padre e l’officina, un binomio che mi è impossibile scindere. Legati, l’uomo e il suo lavoro, indissolubilmente.
Quanti ricordi nella mia memoria legati all’officina! Sopra l’ingresso la scritta “Autofficina Vasco Ferrante”, il cortile pieno di sole e di automobili, negli ambienti l’odore di carburante, il rumore dei motori, la “buca” per riparare da sotto le vetture, un bancone con cento attrezzi, l’ufficio che era una piccola stanzetta con una scrivania e il telefono appeso al muro.
Mio padre era solito dire di essere fra quei benedetti per i quali alzarsi la mattina per andare a lavorare è un dono, pienamente appagati dal poter fare per tutto il giorno quello che più piace.
Ho voluto che il suo ricordo si radicasse nel mio impegno a realizzare il Fondo Vasco Ferrante per sostenere la formazione dei ragazzi che vogliono apprendere con competenza il mestiere di meccanico, che vogliono diventare artigiani capaci di svolgere una mansione attingendo al patrimonio della sapienza del fare.
Giovanna Ferrante, figlia e Presidente